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martedì 5 novembre 2013
Nell’affrontare il soggetto della “religione celtica”, il primo dovere dello scrittore è quello di spiegare il senso in cui verrà usato in questa opera il termine “celtico”. Verrà usato per riferirsi a quei Paesi e zone in cui, in tempi storici, in un’epoca o nell’altra si è parlata principalmente la lingua celtica. Non ne consegue che tutte le razze che parlavano una forma della lingua celtica, lingua della famiglia indo-europea, fossero tutti della stessa stirpe. Invero, le prove etnologiche ed archeologiche tendono a stabilire chiaramente che in Gallia ed in Britannia, per esempio, gli uomini hanno vissuto per ere intere prima dell’introduzione di qualunque varietà di lingua ariana o indo-europea e questo è probabilmente accaduto in tutta l’Europa occidentale e del sud. Inoltre, alla luce della filologia comparata, è divenuto ora abbondantemente chiaro che le forme di linguaggio indo-europee che chiamiamo celtiche sono più strettamente relazionate a quelle della famiglia italica, di cui il Latino è la rappresentanza più nota.
Natura genitrice, antica e divina madre, tua è l’arte;
celeste, abbondante, venerabile Regina, riconosciuta in ogni parte del tuo dominio;

indomita, che tutto domi, luce sempre splendente, che tutto governi, onorata e supremamente luminosa.
Immortale, nata per prima e tuttavia sempre la stessa, notturna, stellata, splendente, dama gloriosa.
Le tracce silenziose dei tuoi piedi in cerchio da te vengono lasciate con forza inesauribile. Puro ornamento di tutti i divini poteri, finito ed infinito ugualmente tu risplendi; per tutte le cose comune ed in tutte le cose conosciuta, tuttavia ineffabile e sola. Senza padre per la tua meravigliosa forma, tu stessa sei il padre da cui è giunta la tua essenza. Onnifiorente anima che unisce, governatrice e capo di questo possente tutto. Datrice di vita, che tutto sostiene, dai vari nomi e famosa per dominare la grazia e la bellezza. Giustizia, suprema nella forza, alla cui influenza generale le acque delle profondità incessantemente obbediscono;

Non vi è nulla che la gente tema o consideri più letale nei suoi effetti del malocchio. Può colpire in qualunque momento, se non vengono prese grosse precauzioni, ed anche così non vi è alcuna possibilità di porvi rimedio a meno che il medico fatato non pronunci l‟incantesimo mistico che, solo, può distruggere la maligna e fatale influenza.

Vi sono diversi modi in cui il malocchio può agire, alcuni più letali di altri. Se certe persone vengono incontrate per prime al mattino, si sarà sfortunati per tutto il giorno in tutto ciò che si farà. Se chi fa il malocchio viene da voi per riposare e guarda fisso qualcosa, bestiame o un bambino, vi è la malasorte nello sguardo, una fatalità che non può essere evitata se non grazie ad un potente contro-incantesimo. Ma se chi fa il malocchio pronuncia un verso sopra ad un bambino addormentato, quel bambino certamente morirà, perché l‟incantesimo è del diavolo e nessun incantesimo può resistergli o respingerne il male. Talvolta il procedimento della stregatura viene effettuato guardando fissamente l‟oggetto attraverso nove

dita; questa magia particolarmente letale se la vittima è seduta accanto al fuoco alla sera quando la Luna è piena. Perciò, per evitare di essere sospettati di fare il malocchio è necessario, quando si guarda un bambino, dire “Dio lo benedica”. E quando si passa presso una fattoria dove le mucche sono radunate per la mungitura si dica: “La benedizione di Dio sia su di voi e su tutte le vostre opere”. Se viene omessa questa formula si potrebbero immaginare i peggiori risultati e la gente si riempirebbe di terrore ed allarme, a meno che non venisse impiegato immediatamente un contro-incantesimo.

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